Patriarca, Patriarca

La cavalcata era in origine una manifestazione laica, celebrata senza licenza vescovile, improvvisata dai nobili in un particolare momento della vita cittadina, in sostituzione delle feste che erano state vietate dal vescovo di Siracusa Asdrubale Termini, per porre fine ai dissidi tra le Confraternite

(1734). Si consoliderà agli inizi dell’Ottocento (19/3/1802), dopo che dal Padula fu scolpita la statua in legno di San Giuseppe con il Bambino in braccio (1774), ricoperta con lamine d’argento dal Cultrera (1778, cfr. “I quaderni” del canonico Augi). La festa diede la possibilità a nobili e cavalieri di mettere in mostra, in una sfilata in costume tradizionale, cavalli, giumente ed asini da vendere poi nelle fiere all’inizio della primavera per dare avvio al nuovo ciclo riproduttivo. Sono evidenti i caratteri di una tradizione avita che ha tramandato nei secoli usi e costumi, “frutto della fantasia signorile in un’epoca signorile”, sottolinea il Pitrè, autorevole studioso di tradizioni popolari (“Feste popolari siciliane”, Palermo, Clausen, 1881, p. 244). E’ una tradizione che ha saputo trasferire nella cristianità le simbologie pagane delle feste di Primavera, gli antichi riti propiziatori, connessi alle problematiche cicliche del raccolto di derivazione classica.

Trascorrere la giornata della festa di San Giuseppe a Scicli è come immergersi in una atmosfera magica senza tempo, che ci fa percepire gli antichi retaggi di una manifestazione che trasuda da tutti i pori la storia del nostro borgo antico. La festa è di tutti, di adulti, di giovani, di bambini, dei contadini e dei borghesi. Richiama un gran flusso di visitatori provenienti da ogni parte. L’atmosfera creata dal tripudio di luci, suoni e colori, “riscalda e intenerisce il cor”, come direbbe il poeta recanatese. Già nella settimana precedente la rievocazione per le vie alita aria di festa. Si parla di cavalli e cavalieri, di fiori e bardature infiorate. Anche i giovani, per lo più tiepidi di fronte alle tradizioni, partecipano festosamente alla cavalcata, vestiti con abiti tradizionali. Contribuiscono anche essi al recupero della memoria e, lontani dalle solite distrazioni, per un giorno recuperano i valori della vita di un tempo: il piacere di stare insieme per una sana tradizione. Gli stretti vicoli, che si diramano dalla chiesa in festa, si svegliano dal torpore della vita quotidiana e si animano per il via vai di gente curiosa di vedere, curiosa di sapere.

 

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