“I cavernicoli dell’era cosmica”, un articolo di Ermanno Rea del 1959, sugli aggrottati di Scicli.
C’è un’interessante pagina di storia locale di metà ‘900 sul Giornale di Scicli in edicola da alcuni giorni in città. Riguarda la visita che l’allora PCI di Scicli organizzò sul fronte delle grotte ancora abitate attorno al colle di San Matteo, Chiafura, Cava di Santa Maria La Nova, collina Croce. Nel gennaio del 1959 fu una delegazione di parlamentari del partito capitanata dall’On. Giancarlo Pajetta a visionare i luoghi. Di questo gruppo faceva parte lo scrittore giornalista Ermanno Rea. Figura di grande valore letterario dagli anni ’60 in poi, di Rea sono tanti i libri importanti: ricordiamo soprattutto “Mistero napoletano”, “La fabbrica dell’obbedienza” e “La dismissione”. E’ morto nel settembre del 2016, a 89 anni. Sulla visita del ’59 a Scicli ci lascia le foto di quell’evento e un articolo apparso (insieme a quello di Pajetta) sul n.3 di “Vie Nuove” di quell’anno. Lo pubblichiamo integralmente:
Scicli, gennaio 1959- Quando cala la sera, a Scicli, la montagna s’illumina: sono fioche lingue di luce che da mille crepacci, dirupi scoscesi, anfratti, d’improvviso prendono a baluginare come se un’interminabile processione si snodasse lungo i tortuosi sentieri che menano fin su quasi alle cime. Ma non si tratta di una processione, nè di fuochi fatui e neppure di una illusione ottica; è Scicli stessa- perlomeno la parte più dolorante della cittadina siciliana- che estende le sue propaggini fin su quelle aspre rocce. Sono insomma case d’uomini, anche se “case” è un termine ovviamente eufemistico, anche se coloro che vi ci abitano compiono mille sorprendenti sforzi per farle veramente assomigliare a delle case: ma sono e restano grotte. Proprio così: caverne, spelonche in cui la roccia, una dura e trasudante roccia, fa da intonaco e da pavimento, e spesso, dove la strana formazione geologica lo consente, da paravento o da letto, e qualche volta perfino da culla!
Scicli è un piccolo centro (ma non tanto se conta circa ventisettemila abitanti) nel cuore della Sicilia orientale, a pochi chilometri da Ragusa. Da alcuni anni gli elettori hanno voluto affidare l’amministrazione locale ai rappresentanti dei partiti di sinistra, confermando poi questa fiducia anche nelle successive elezioni. Lo sapevano e lo sanno: i soli uomini che potevano far qualcosa per Scicli erano loro, con la loro tenacia nel denunciare all’opinione pubblica della Nazione il dramma della cittadina.
Ma il governo (quello di Fanfani come tutti quelli che lo hanno preceduto), non ha mai voluto udire le voci di protesta che partivano da Scicli e che giungevano a Roma sotto forma di lettere, telegrammi, delegazioni; al punto che quando la situazione divenne tragica per un gruppo di “cavernicoli” le cui “case” minacciavano di franare con la roccia sovrastante, la giunta dovette decidere di addossarsi l’onere per una nuova locazione delle famiglie colpite. Il Sindaco di Scicli, Giuseppe Cartia, ci ha detto che dal 1946 ad oggi, cioè in 12 anni, su 1.687 famiglie abitanti in grotte o tuguri, soltanto 104 hanno avuto un nuovo alloggio. A conti fatti risulta che l’indice della distribuzione di case è stato pari a 8,6 alloggi all’anno.
“Con questo ritmo” ha affermato a questo punto il sindaco di Scicli “ci vorrebbero più di due secoli per coprire il fabbisogno totale di case nella nostra cittadina! E dire- mentre qui siamo rimasti e ancora vorrebbero lasciarci all’età della pietra- che altrove si viaggia al di là della Luna!”
Ermanno Rea (nella foto)