Interrogazione sul pozzo petrolifero al Fiume Irminio

L’Onorevole Rossella Muroni ha presentato una interrogazione sul pozzo petrolifero nelle vicinanze del Fiume Irminio, dal quale si determina una continua e copiosa perdita di greggio.  “Legambiente si aspetta che ENI una volta per tutte faccia chiarezza pubblicamente con la comunità iblea ma ancora di più che il Ministero per la Transizione ecologica intervenga sulla vicenda”- dichiara Alessia Gambuzza del Direttivo Legambiente Sicilia.

Qui il testo depositato:

“Al Ministro per la Transizione ecologica. Per sapere, premesso che: nel2019 Eni ha di fatto ammesso di aver causato lo sversamento di idrocarburi in prossimità del pozzo dismesso n.16 di sua proprietà,in prossimità del torrente Moncillè (affluente dell’Irminio), in agro di Ragusa,vicino alla “Riserva naturale macchia foresta del fiume Irminio”, comunicandolo agli enti proposti al controllo ambientale;

le sostanze sversate nel terreno rendono l’intera area, le falde e il fiume Irminio a forte rischio di inquinamento, mettendo a repentagliola salute dei cittadini, nonché quella di tutta la biodiversità della zona, e l’economia turistica in una zona tra le più visitate grazie anche alla eco mediatica ottenuta grazie alle serie tv dedicata al commissario Montalbano;

è inaccettabile che dopo due anni dal blitz di Goletta Verdeorganizzato da Legambiente, il 22 luglio 2019,sulla foce del fiume Irminio per denunciare lo sversamento di petrolio prosegua ancora oggi come è inammissibile la mancanza di trasparenza e informazione sulla situazione;

è vergognoso che in Italia un’azienda come Eni, che dice di operare con la massima sicurezza, sia responsabile di una perdita di idrocarburi da anni, tuttora in corso, nonostante l’intervento di messa in sicurezza di emergenza;

è assurdo che una multinazionale come ENI non sia ancora stata in grado di dare spiegazioni e delucidazioni sulle cause dello sversamento,ed anzi sostenga pubblicamente che la fuoriuscita di greggio sia dovuta fenomeni naturali;

la potenziale contaminazione dell’area attorno al pozzo dismesso n.16 di Eni, era stata più volte denunciata da Legambiente, e in particolare dai circoliiblei:Il carrubo di Ragusa,Il melograno di Modica, Kiafuradi Scicli, Sikelion di Ispica.

Legambiente ha presentato nel 2019 un primo esposto alla Procura della Repubblica per chiedere l’applicazione della legge sugli ecoreati, chiedendo di compiere gli accertamenti demandati istituzionalmente e indagando per il reato di inquinamento ambientale, disastro ambientale, di danneggiamento di acque pubbliche con rilevante danno ambientale e avvelenamento di acque o sostanze alimentari (e un secondo esposto nell’ottobre 2021 nel quale si chiededi conoscere lo stato di salute dei luoghi e le azioni che sono state intraprese da Eni per il ripristino dei luoghi.

“Com’è possibile che un’azienda della portata di Eni non riesca a mettere in sicurezza un pozzo sulla terra ferma per tutto questo tempo, tanto più che non si tratta di una piattaforma petrolifera nella fossa oceanica delle Marianne? – chiedeva il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafaniin occasione della tappa di Goletta Verde del luglio 2019 – Chiediamo con forza informazioni sul quantitativo di petrolio fuoriuscito e sui danni ambientali già provocati, che dovranno essere bonificati a spese dell’azienda”;

“La totale mancanza di trasparenza nei confronti dei cittadini siciliani è a nostro avviso intollerabile – affermava Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia – suggerisce la volontà di non far emergere il problema, e anzi di sottacerlo. Chiediamo il blocco delle trivellazioni in regione, la riconversione del sistema energetico regionale fondata su efficienza e rinnovabili, perché i piccoli giacimenti come quello di Ragusa rappresentano un accanimento terapeutico per il nostro territorio”:-

di conoscere se si è a conoscenza di questa pluriennale perdita di petrolio nel pozzo dismesso da Eni in provincia di Ragusa; quali iniziative sono state intraprese per velocizzare la risoluzione di un problema che potrebbe creare seri problemi ambientali, alla salute dei cittadini e all’economia turistica del territorio;

di conoscere cosa è emerso dagli accertamenti tecnici, che anche Ispra ha contribuito a realizzare, per valutare gli ulteriori rischi che potrebbero generarsi in futuro;

se si intenda avviare iniziative di risarcimento dell’evidente danno ambientale nei confronti di Eni.”

MURONI

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